Appena entro dentro la Cantina Garibaldi mi accorgo che è una serata speciale. Un evento. L’emozione è tanta e c’è fibrillazione sia nei camerieri che nel pubblico in attesa del concerto serale. Sono qui per intervistare Pier Luigi Salami, un giovane artista che lavora in America ma è originario di queste zone. Il pomeriggio è passato assaggiando il Lambrusco del Podere Sorelle Schiavi e gironzolando per questa piccola cittadina, Cavriago , così verde e tipica. Entriamo nel centro e proprio qui troviamo la Cantina Garibaldi. Una calorosa accoglienza ci attende da parte di Daniela e di tutto lo Staff. Avevo già notato sul web questo luogo, ho visto il programma musicale del martedì sera e notato la qualità degli eventi che vengono proposti, i grandi artisti in questa stagione: da Juan “Flaco” Biondini (lo storico chitarrista di Guccini e molto altro) a Jimmy Villotti (lo storico chitarrista di Paolo Conte e molto altro).
“Ogni volta che torniamo per me, che vivo in America, è una bellissima emozione, perché qui è come essere a casa dopo un lungo viaggio in cui hai accumulato esperienze che vuoi condividere”. E’ molto sorridente Pier che è autore di un Jazz sperimentale, “contaminato” e, come ci accorgeremo dopo, molto piacevole. Ci puoi raccontare qualche cosa sulla tua formazione musicale e su quello che suonerai questa sera?
Ho iniziato a suonare il pianoforte a 6 anni. Quando sentivo della musica per radio o in televisione mi ostinavo a volerla riprodurre al piano. Ciò mi ha permesso di sviluppare particolarmente il mio orecchio e quindi di avviarmi verso un percorso da autodidatta, privo di educazione musicale formale, finché nel 2007 ho ricevuto una borsa di studio dalla Berklee College of Music di Boston, nella quale mi sono poi laureato nel 2010.
Mi sono appassionato al Jazz quando ero al liceo. Ciò che mi colpiva era lo spirito di libertà e sperimentazione, una costante dedizione a spingere i limiti e cercare nuove soluzioni melodiche, ritmiche, ed armoniche che è unica di questo genere. Vivendo nei dintorni di Milano, mi sono però presto reso conto che molti esponenti della scena jazz locale si stavano dedicando ad un jazz esclusivamente tradizionale, da loro considerato il solo vero “Jazz”, trascurando di fatto l’intrinseco spirito di innovazione del genere stesso. Con il PLS.trio cerco a modo mio di continuare questa linea di innovazione. Il nostro è un jazz melodico, con molte contaminazioni (dalla minimal alla musica elettronica), e vuole essere accessibile pur offrendo una sostanziale profondità di contenuti. Facciamo molto uso della tecnologia per integrare elementi elettronici a suoni acustici in maniera organica e creare così una dimensione sonora volta a trasportare il pubblico in un viaggio musicale insolito, ma familiare allo stesso tempo.
Il Check Sound. Ultime prove. Per il PLS.trio è una serata importante e ci tengono a fare bene. Io colgo l’occasione per intervistare uno dei due ospiti d’onore della serata. Sono con il trombettista Tiziano Bianchi che verrà alla fine acclamato dal pubblico locale. Tiziano, dove vi siete incontrati con Pier Luigi Salami?
Ci siamo conosciuti in America, abbiamo fatto la scuola di jazz insieme. Lui è di Reggio, ma noi non ci conoscevamo nonostante la passione per la musica. E’ stato un incontro particolare, poi è nata un’ amicizia. Io sono tornato a casa tre anni fa, ora giro con il mio quartetto ma la base è qui. Ti invito a venire l’8 agosto che suono alla Pietra di Bismantova, uno scenario molto suggestivo. Quando Pier torna, proviamo sempre a fare qualche serata insieme, perché così non perdiamo il filo della nostra amicizia e della ricerca artistica.
Farò questa domanda in modo speculare a te e a Pier: quali sono le differenze tra suonare in Italia e in America?
Dal punto di vista musicale ed emotivo l’America è ricca di stimoli, un posto perfetto per fare esperienza. Non aspettarti però come molti un Eldorado. Fare musica di sperimentazione e qualità è comunque difficile, devi essere spinto da una grande passione e i soldi non sono poi molti.
Eccoci alla fine del Check. Daniela ci propone i vini e ce n’é davvero un bella scelta. Pier, abbiamo scoperto come vi siete conosciuti tu e Tiziano e gli abbiamo chiesto le differenze tra suonare in Italia e in America, tu cosa hai trovato là? Cosa ti ha spinto a trasferirti?
La spinta a trasferirmi è stata la possibilità di studiare il linguaggio jazzistico in una scuola prestigiosa nel paese di nascita di questo genere. In America ho trovato molte possibilità che in Italia, purtroppo, non avrei mai incontrato, ed in generale un profondo spirito di collaborazione, voglia di fare e di innovare, qualità che sono più rare e difficili da trovare nella scena musicale del nostro paese. Le eccezioni ci sono sempre però, come Tiziano Bianchi che si batte (o forse dovrei dire sbatte!) per un percorso di ricerca e qualità musicale.
Il mercato musicale americano è geograficamente ed economicamente molto più amplio di quello Italiano, quindi è naturale che esistano molte più situazioni per far crescere e conoscere la propria musica. Mi fa sempre un certo effetto pensare che il solo stato della California abbia un’estensione geografica maggiore dell’Italia intera.
Hai scritto sulla tua pagina Facebook, “Can’t wait to play at my favorite Cantina once again!”. Che sensazione provi a trovare questa accoglienza da parte del pubblico?
È sempre un’emozione forte tornare a casa. Al di là di famigliari ed amici, sento sempre un calore speciale da parte del pubblico qua da noi, ed in particolare alla Cantina Garibaldi, che non trovo da nessun’altra parte.
Il tuo concerto qui alla Cantina sarà aperto dalla folk singer americana, tua compagna di vita, Woodsy Rain, i tuoi musicisti sono il bassista Martin D.Flower e il batterista Shawn Crowder. Come stanno vivendo questa esperienza in Italia?
Stanno tutti mangiando tantissimo! Ed alcune cose bisogna spiegargliele bene, tipo il non ordinare un cappuccino CON la pizza.
Scherzi a parte, dicono che sarebbe molto difficile non innamorarsi di questi posti, e anche delle nostre tradizioni. Il nostro bagaglio culturale millenario ha per loro molto fascino.
Ormai è l’ora del concerto, chitarra e voce, Woodsy Rain apre la serata suonando suoi brani originali, molto bene interpretati. Pier, raccontaci di “East River”, perché ha questo titolo? E quali direzioni musicali state intraprendendo?
“East River” è ispirato alla mia esperienza di vita a New York. L’East River è il fiume che scorre ad est di Manhattan, e che la separa da Brooklyn, Queens, ed il Bronx. È un fiume decisamente più “ghetto” e meno “pulito” del famoso Hudson, che invece scorre ad Ovest.
Il brano, che dà il titolo all’album, è un viaggio fra dinamiche alte e basse, cambi radicali di ritmo ed atmosfera, proprio come il mio vivere a New York. NYC è un centro talmente poliedrico ed attivo che è facile sentirsi costantemente in viaggio pur dormendo nello stesso letto ogni notte.“East River” è il nostro album di debutto, e come trio abbiamo ancora moltissimo da dire ed elaborare. Per il futuro cercheremo di perfezionare e valorizzare il nostro suono sempre di più, e siccome crediamo nell’artista come una figura in continua evoluzione e dalle mille sfaccettature, sicuramente continueremo con zelo un discorso di ricerca ed innovazione.
Grazie Pier, della tua disponibilità. Il concerto è ricco di sorprese, noi mangiamo da “privilegiati” proprio davanti al gruppo. Tanti applausi. La Cantina Garibaldi è un luogo da non perdere, visto che per tutta l’estate continuerà a proporre vini di qualità, piatti di stagione e concerti anche nello spazio estivo, sulla piazza di Cavriago in provincia di Reggio Emilia.
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