Ferragosto. Steso comodamente su un lettino sotto l’ombrellone azzurro, immerso in un piacevole dormiveglia, un vecchio signore viene svegliato dalle grida di Malik che apre e chiude ombrelli di ogni colore. Quest’estate sono quadrati con la volta interna decorata da monumenti italiani noti in tutto il mondo. Giri lo sguardo in alto e vedi il Colosseo, la Torre di Pisa, la Reggia di Caserta…
Tornerà un altro inverno … le piogge che verranno, le gocce d’acqua che suoneranno sulla tela una delicata sinfonia. L’anziano signore ha una struggente nostalgia di un tempo passato, quando nella vecchia cascina di campagna dei suoi nonni prima dell’autunno piovoso, da dove nessuno lo sapeva, arrivava l’ombrellaio. Gli ombrelli che le forti raffiche di vento avevano rovesciato e ai quali avevano rotto qualche stecca venivano tirati fuori dalla padrona di casa, all’ombrellaio veniva offerto una sedia impagliata così poteva mettersi subito al lavoro.
Apriva la sua umile cassetta di legno in cui custodiva gelosamente tutti i suoi attrezzi: pinze, filo di ferro, stecche di ricambio, pezzi di tela, spago, aghi di diverse misure e, svelto, iniziava il suo mestiere.
Artigiano, artista. Conduceva una vita grama perché la sua clientela era così povera da non potersi permettere nemmeno un ombrello nuovo. Solo il tempo era stato generoso con lui. L’età era indefinibile, poteva essere giovane o vecchio ma ciò non avrebbe cambiato la sua espressione.
Vita nomade e di sacrifici come tanti altri antichi mestieri.
Se il lavoro non veniva concluso in giornata, quando scendeva il buio si ritirava sul fienile e all’alba era pronto a ricominciare.
La sua paga? Qualche uovo di giornata, un pezzo di pane, un po’ di frutta e qualche spicciolo.
Faceva il suo fagotto e si incamminava in cerca di nuovi clienti.
L’anziano sente i profumi della sua infanzia e si abbandona alla malinconia… cadranno mille petali di rose la neve coprirà tutte le cose e forse un’altra estate tornerà.