Agli inizi degli anni ’50 Luciano Tajoli cantava: ”Arrotino che ramingo tu vai lungo le strade…” e non era insolito incontrare in piazza, il giorno del mercato, o lungo le strade di campagna che univano casolari vicini delle strane biciclette su cui erano state montate due ruote, una più piccola per togliere la ruggine dalle lame e una più grande, la mola, per affilare coltelli, forbici, roncole, zappe.Con un cappellaccio in testa e un grembiulone azzurro si aggirava in cerca di lavoro Pasquino. Aveva voluto portare avanti il lavoro di suo padre che per tutta la vita aveva fatto “erudarè”, l’arrotino, portando a spalla gli attrezzi del mestiere.
Pasquino lo vedeva pochi giorni all’anno ma, stranamente, dopo ogni visita le bocche da sfamare crescevano.
Perché allora aveva voluto portare avanti il suo duro lavoro?
No, non perché non c’erano altre possibilità, poteva fare il garzone o emigrare in Belgio per fare il minatore. No. L’aveva scelto per la libertà di pensiero.
Quando girava in bicicletta, “ramingo lungo le strade”, era padrone della sua vita, pensava, sognava, rideva ,cantava, lanciava alte urla liberatorie … a lui piaceva quel mestiere perché tutti lo conoscevano e lo consideravano un po’ strambo.