“Finalmente arrivò da Napoli la prima lettera di ‘Ntoni… Diceva che non era come a Trezza, dove se non si andava all’osteria della Santuzza, non si sapeva come spendere un baiocco.”
‘Ntoni è il nipote maggiore di padron ‘Ntoni con cui, insieme alla sua numerosa famiglia, viveva nella casa del nespolo prima di partire per il servizio militare.
“La Santuzza scuoteva il capo, e diceva che mentre si è in chiesa non bisogna sparlare del prossimo.”
“Chi fa l’oste deve fare buon viso a tutti”
Nel romanzo di Giovanni Verga , nato a Catania nel 1840, vigono i soprannomi che vengono addirittura ereditati come la Zuppidda, che zoppa non è ma deve il suo soprannome ad un infortunio capitato al nonno.
Malavoglia stesso è il soprannome “ non meritato” dato alla famiglia Toscano, i cui membri, da sempre, sono “tutti brava gente di mare”.
La Santuzza è la padrona dell’osteria di Aci Trezza, paese nel quale si svolge quasi tutta la storia.
“Alfio che aveva fretta d’andarsene a scaricare il vino della Santuzza, non sapeva risolversi a partire, e rimaneva a chiacchierare della bella cosa che era il fare l’oste, un mestiere col quale si ha sempre il suo guadagno, e se aumenta il prezzo del mosto basta crescere l’acqua nei barili.”
Compar Alfio è il carrettiere innamorato della sorella maggiore di ‘Ntoni.
“… e la domenica andava a gironzolare attorno al’osteria, dove la gente non aveva altro da fare che ridere e spassarsi senza pensare che il giorno dopo si tornava a fare quel che s’era fatto per tutta la settimana…”
‘Ntoni diventa l’amante del’ostessa. Dopo che la fortuna gli ha voltato le spalle per l’ennesima volta, si è convinto che l’osteria sia l’unico metodo per alleviare tutte le sue sofferenze.
Storie di paese, storie di umanità.