L’ASSOMMOIR di Émile Zola

Osterie letterarie. In vino veritas

“ L’Assommoir di papà Colombe si trovava all’angolo della rues des Poissonniers e del boulevard de Rochechouart. L’insegna recava, in lunghe lettere azzurre, una sola parola: Distilleria: oleandri polverosi. Il banco enorme, con due file di bicchieri, si allungava, a sinistra di chi entrava; tutt’intorno la vasta sala era ornata di grosse botti dipinte di un color giallo chiaro…”.

La vera curiosità del locale era l’apparecchio di distillazione che i clienti potevano vedere in azione.

“Un insieme di lambicchi dal collo allungato, di serpentine che scendevano fino a terra, vera fucina del diavolo, dinanzi a cui venivano a fantasticare gli operai ubriachi.”

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Attraverso gli occhi della protagonista Gervaise, che guarda attraverso i vetri della sua lavanderia, il quartiere si anima. E’ l’ora di pranzo e le piccole botteghe si riempiono di operai che cercano qualcosa da mangiare: pane, patate fritte, cozze al prezzemolo, cotolette, salsicce, mazzi di ravanelli…

Poco più tardi le stesse persone ritornano verso le officine.

Suoni, gesti e odori rivelano una straordinaria attenzione  per le botteghe, le strade, le vetrine, i colori, le insegne. Gervaise vuole andare a vedere “il grande lambicco di rame rosso” dell’Assommoir e farsene spiegare il funzionamento. “Questa macchina mi fa venire la pelle d’oca”.

Storia d’alcolismo, di miseria e degradazione umana in cui i costumi del popolo, i vizi, le cadute, la sporcizia morale e fisica vengono descritti attraverso l’ambiente operaio. La catena di produzione è decadenza.

L’Assommoir è il gradino più basso dell’ operaio e Gervaise riconosceva l’acquavite di infima qualità che qui veniva prodotta e smerciata dal “sangue avvelenato che illividiva la pelle.”

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