Il terzo viaggio risale all’autunno del 1975. Diverse le regioni “perquisite” alla ricerca di vini genuini ma un buon vino si accompagna sempre ad un buon cibo per deliziare meglio il palato e quindi su queste eccellenze mi voglio soffermare. In Sardegna Macomèr è la capitale del pecorino. Piccante, richiede almeno sei mesi di stagionatura. Vernaccia, vibrante vino rosso, e squisiti biscotti di pasta di mandorle, i sospiri, sono un’accoppiata vincente. Di forma e colori diversi, rosa, celeste, verde, giallo, lilla, avana ti scaldano la vista.
Pane guttiau detto anche carta da musica, pane frattau, cordula, maccarones de erritu, porceddu, sebadas, pane di Ierzu…
In Calabria la grande specialità è la sardella nota come il caviale del sud. La si mangia stesa sul pane o su fette di cipolla che funzionano come cucchiaio.
In Abruzzo i campi di zafferano della Piana di Navelli profumano l’aria. Le neòle sono graziose focaccine decorate a stampo (ogni famiglia ha i suoi stampi) ideale pe assaggiare un Trebbiano o un Montepulciano. Le buie sono budelle di maiale ripiene di peperoncino, aglio e varie erbe e poi affumicate.
Nel Lazio il ganascione, focaccia calda e croccante, insaporita di aglio ripiena di prosciutto e provolone invita all’assaggio.
In Umbria si può assistere alla gara del ruzzolone, caciotta tonda lanciata come un disco. Ma attenti… fino al 1950 era una caciotta vera, ora è una ruota di legno.
In Liguria antipasti di acciughe, burro e sottaceti con chiodi di garofano e cannella; minestra di trippe e pan dusse. E che dire del branda-cujun, stoccafisso cotto e mescolato con noci, patate ed olio.
In Piemonte uno squisito spezzatino di coniglio in umido con le carote gialle invita a pasteggiare con un Moscato.
E poi la süpa ‘d cisi, zuppa di ceci, e l’arrosto negli ossetti con crauti.
Suppongo che dopo una carrellata di cibi eccellenti come quelli nominati non rimanga che mettersi a tavola.