All’improvviso il canto popolare, la parlata esuberante, il chiasso della festa, la recita di motti e proverbi, le scaltrezze e le arguzie dell’intelletto, i calembour della vita.
Cosa sono queste manifestazioni notturne? Sarà forse l’accolita di attori che si è radunata nel bosco e provano lo spettacolo per le nozze di Teseo e Ippolita nel famoso “Sogno”?
No, è l’attore napoletano Tommaso Bianco che, come per magia, ha portato Napoli nel cuore di Bologna, alle spalle della Farmacia Irnerio.
In via Majorana 9/A, il maestro Bianco, forse l’ultima reincarnazione vivente della maschera di Pulcinella, e attore di lunga esperienza teatrale e cinematografica (ha debuttato nel ’68 con il grande Eduardo De Filippo) , ha aperto un teatrino-museo e ora, con i suoi attori, in scena …
Maestro, possiamo disturbarla con qualche domanda?
Chi siete? Forse politicanti in cerca di voti?
(Così ci interroga Tommaso, indagando con il suo sguardo bravesco e bonario…)
No, no…Si figuri… Siamo due semplici curiosi, un giornalista e una fotografa attratti dal clamore del suo teatrino.
Bravi, la curiosità è una caratteristica dell’intelletto, accomodatevi…
Allora entriamo, in punta di piedi, e ci accomodiamo in questo suo meraviglioso mondo.
Maestro, la prima curiosità: cosa ci fa un teatro così bello e soprattutto così pieno di giovani a Bologna?
Non siamo abituati…
Io racconto ai giovani e ai meno giovani un Teatro come comunicazione allo stato puro: questa è la mia missione!
E poi è bello portare soprattutto i giovani a Teatro, per far conoscere la sua magia e la sua poesia.
I miei eventi teatrali in questo teatrino sono anche grandi punti d’incontro e di formazione artistica e umana.
Pensate che nell’800 i francesi hanno creato i Cafè Chantant ma poi sono arrivati i napoletani per rendere tutto più frizzante…
Io ho portato il mio teatro a Bologna, da dieci anni, prima al Teatro Duse e poi qui a Mascarella, nel mio quartiere di adozione, e l‘ho dedicato a uno dei protagonisti del Teatro del 900: Raffaele Viviani, il nostro Berthold Brecht napoletano.
Quanta passione nelle sue parole e quanta passione nella scelta della sua professione di Attore…
La mia è stata una vocazione… Io non sono un figlio d’arte. Nel teatro del ‘900 c’erano tanti figli d’arte, io no. Sono figlio di un operaio dell’Arsenale Esercito di Napoli e nipote di contadini da parte di mia madre. Ho iniziato questo lavoro prima con i filodrammatici e poi con Eduardo De Filippo, che nel 1968 portava in scena Filumena Marturano, con Pupella Maggio…Altri tempi! … poi nella mia carriera, tra cinema, teatro e televisione, mi sono confrontato con tanti altri protagonisti dello spettacolo: da Enzo Turco ad Aroldo Tieri, da Luisa Conte a Ugo D’Alessio, da Gianrico Tedeschi a Raoul Bova, da Michele Placido a Giancarlo Giannini, Luciano De Crescenzo, Alessandro Siani, Luigi De Filippo, Alberto Sordi, Franco Zeffirelli, Dario Fo, Philippe Noiret ecc …
Mi piace anche ricordare che come nel 1600 Silvio Fiorillo da Capitan Matamoros diventò Pulcinella, così io nel 1900 da Guappo Napoletano ho vestito i panni di Pulcinella (già prima di Eduardo) … indossai la maschera sulla faccia… il coppolone in testa… ed esagerai nei gesti e nei modi tutto quello che avevo dentro. D’altronde, si sa, i napoletani amplificano naturalmente i propri sentimenti!
Tommaso, a sentirla parlare così sembra che sia Pulcinella ad averla scelta!
Come diceva Eduardo: “Pulcinella non raffigura il carattere di un uomo… ma il carattere dell’uomo!”.
Pulcinella rispecchia dei sentimenti che caratterizzano l’umanità intera.
Chi era Eduardo? Il vostro è stato un incontro artistico molto fertile!
Ho recitato quasi tutto il suo repertorio fino ad arrivare ad interpretare, accanto a lui, la maschera di Pulcinella e non basterebbero le pagine di un libro per descriverlo… Però posso dirvi che Carmelo Bene (noto per il suo non facile entusiasmo) aveva gli occhi che gli brillavano quando incontrò Eduardo. Carmelo cercava sempre qualcosa che arrivasse all’essenza della rappresentazione, ma Eduardo era già l’essenza, era un attore che non recitava. Al di là della sua naturale introspezione nei vari personaggi, già quando scriveva pensava a come rappresentarli.
Tra i grandi geni che ha incontrato nella sua carriera, c’è stato Mario Monicelli con cui ha girato cinque film.
Può raccontarci qualcosa?
Quello che mi colpiva di Mario era la sua bravura nel trovare e caratterizzare i suoi attori. Un fiuto eccezionale. Un giorno, per raccontarvene una, stava passeggiando per via Veneto a Roma quando vide un sardo bassino. Era Tiberio Murgia e faceva il muratore. Gli chiese se voleva recitare in un film. Quel film era “I soliti ignoti” e il suo ruolo era il siciliano Ferribotte. Cosa fece da allora il buon Murgia? Il siciliano! Anche se era sardo e non conosceva una parola siciliana… così accadde anche a me, quando mi chiamò per il film “La Mortadella”, nel quale avrei dovuto improvvisare una telefonata scherzosa, da buon napoletano… ma, conoscendomi da vicino, per la mia faccia e la mia esperienza “Eduardiana”, mi affidò il ruolo di un prete accanto a Sofia Loren.
Tra Cinema, Teatro e Musica (collaborando con il grande Roberto De Simone), nella sua vita, ha vinto il teatro a quanto pare…
E’ proprio vero. Il teatro ti entra nel sangue, forse perché… “ Lo sforzo disperato che compie l’uomo nel tentativo di dare alla vita un qualsiasi significato è Teatro ! ” – come disse il mio maestro Eduardo.
Caro Tommaso Bianco, per noi è stata una bellissima conversazione e un’occasione unica per entrare nel suo tempio, luogo magico dove tra assi, corde e tenda rossa si nascondono gli spiriti che sussurrano emozioni nel cuore degli spettatori. Come concludiamo questo incontro?
“ Gli esami non finiscono mai ! ”.
Articolo di Andrea Manica, fotografie di Simona Toscano