La bellezza della vita è che ogni tanto ti trovi a passeggiare a braccetto con la Signorina Fantasia; il suo passo leggero spesso è sospinto dall’impellenza di esprimersi e quindi ti spinge in un turbinio di idee, evocazioni e progetti. Creatività a tutto tondo; questo possiamo sicuramente ‘toccare con mano’ avendo il piacere di chiacchierare con un Artista eclettico come Carlo Mercadante.
Cantautore, scrittore e persona di immensa modestia, Carlo, è anche editore, e la ghiotta occasione dell’incontro è il Premio Tenco 2021, dove l’artista è presente per ritirare la Targa per l’album a progetto “Ad esempio a noi piace Rino”, prodotto da Carlo Mercadante che ha coinvolto l’Isola Tobia Atypical Club, collettivo di artisti che celebra il compianto cantautore Rino Gaetano, dove i classici (ed anche le perle nascoste) del cantautore calabrese sono reinterpretate dai “suoi” giovani compagni di avventura e da artisti di vasta esperienza come il mitico Ernesto Bassignano. Tutte versioni intense, frizzanti e passionali, dove la personalità degli artisti non è elemento che cela l’originale, bensì ne rivela nuovi aspetti.
Carlo, entriamo nel merito: cosa vi ha spinto ad immolarvi in questo importante progetto? E come ne hai seguito la realizzazione? (Abbiamo letto il tuo bellissimo post su Facebook scritto subito dopo aver ricevuto il premio, ci ha colpito molto, e siamo sicuri sia solo una piccola parte di ciò che è stato questa esperienza, vissuta e realizzata in un periodo storico senza precedenti, con tutte le difficoltà del caso..)
“Immolarvi”. Hai usato un termine molto appropriato, dato che toccare un cantautore che fa parte della storia e della cultura della canzone d’autore italiana può essere scivoloso e può fra l’altro far nascere in qualche anima critica l’esigenza di esprimere giudizi anche violenti.
Fortunatamente per noi, le persone hanno compreso il nostro stato d’animo e le nostre intenzioni e ci hanno premiato con tanto affetto accompagnato da molte osservazioni sia positive che negative, ma pur sempre educate e utili. Significa che siamo circondati da persone intelligenti in grado di osservare e capire e anche che siamo stati bravi a non deconcentrarci da un lavoro faticosissimo.
Rino Gaetano è stata una meravigliosa occasione per provare a venire fuori da una situazione critica e difficilissima. Gli artisti che curiamo non passano in radio e non possono vendere biglietti per concerti che si realizzeranno tra anni.
C’era la necessità di trovare un motivo per non perdersi e rimanere lucidi. Impegnarci. Ricordarci il nostro valore come artisti e come etichetta. Rimetterci in gioco. Non cadere, non mollare. Alleviare la sofferenza portata dall’impossibilità di fare il nostro lavoro. In questa necessità Rino Gaetano è stato la nostra guida.
La Targa Tenco è stata una bella sorpresa e una splendida conclusione di un percorso partito intimamente dentro al gruppo Isola Tobia Label e infine arrivato con le sue gambe a critica e pubblico. Qualcosa vuol dire. Rino ci ha preso per mano. L’ho sempre detto. La sua musica ci ha aiutati e questo riconoscimento ci ha dato le energie per tentare di ripartire da una situazione che rimane difficile.
Io sono grato a chi ha capito questo. Soprattutto a chi parla di musica indipendente e ne incoraggia la crescita usando i giusti toni e il giusto rispetto.
Puoi raccontarci degli artisti che hanno collaborato con te, come è avvenuta la scelta?
Sui protagonisti del progetto non c’è stata una scelta ma una richiesta, un lavoro che ha coinvolto gli artisti dell’etichetta e i professionisti che stanno intorno a loro. Porfirio Rubirosa mi ha passato un’idea, con il mio staff l’ho comunicata ai miei artisti e i miei artisti hanno deciso di partecipare ed esserci. Tutto qui.Non voglio parlare dei singoli artisti, soprattutto perché, in questo caso specifico, appartengono tutti alla mia etichetta e non voglio cadere nel rischio di metterli su uno scaffale. Quello che dico e che predico è che l’ascoltatore deve tornare ad avere coraggio di ascoltare un perfetto sconosciuto e un giornalista deve tornare a essere curioso e raccontarlo. La predisposizione alla scoperta del nuovo infatti oggi si sta perdendo. Per il resto il mio invito è sempre lo stesso. Le informazioni sono ovunque. Ascoltare una voce e poi cercare l’anima di chi le dà fiato è un gesto di grande bellezza, come lo è provare a scrivere una canzone. Spero che la gente torni a bypassare filtri e condizionamenti e reimpari a conoscere direttamente un artista. Chi vorrà, leggerà i nomi sulla tracklist e li scoprirà. Io dei miei artisti conservo le storie, le vicende personali, le lacrime, i momenti di scoramento, la quotidianità, le speranze, i dentini rotti, i viaggi in macchina, i permessi, le zone rosse, la solidarietà tra loro. Queste cose non le posso raccontare. Le ho raccolte, vissute e mi hanno riempito l’anima.
Ulteriori energie le avete impiegate nella realizzazione dei videoclip di ogni brano, scelta non scontata, vista la collaborazione eterogenea del progetto, ma proprio per questo altra sfida interessante e curata, come del resto tutto il vostro grande lavoro. Come ha preso vita?
Gli artisti di Isola Tobia Label sono tutti autori del proprio repertorio. “Interpretare” spesso è un altro mestiere. Questo album è stato l’occasione per esplorare la scrittura di Rino Gaetano e interpretarla, anche visivamente, ognuno con le proprie suggestioni, a testimonianza che una canzone arriva a ognuno di noi con sfumature diverse. Fare anche dei videoclip, è stato un modo per approfondire il legame nato con il progetto, per uscire dalla propria maniera di scrivere. Rino Gaetano è stato un esercizio di empatia. Completamente.
Questa edizione del Premio Tenco, riportando le parole del direttore artistico, Sergio Secondiano Sacchi è stata segnata da una evidente “autocritica” per aver considerato musica troppo “leggera” quella di alcuni autori; “Abbiamo ignorato non solo Battisti ma, in seguito, anche Rino Gaetano e ci siamo accorti in ritardo di Vasco Rossi.” Secondo te cosa ha portato a considerare non abbastanza impegnato un autore come Rino Gaetano? E che giudizio hai sviluppato sulla “canzone senza aggettivi”, titolo della rassegna di quest’anno?
Ci sono artisti che semplicemente nascono fuori epoca o fuori contesto e non raccolgono quando meriterebbero. Freak Antoni diceva: “Non c’è gusto in Italia ad essere intelligenti”. Questo vale oggi come ieri. Per artisti di oggi e per artisti di ieri. Rino Gaetano era avanti ed essere avanti a volte può spaventare.
Per quanto riguarda gli aggettivi, i termini o i dibattiti, non sono argomenti sui quali ho competenza. Se proprio però devo esprimere un parere in merito, mi sembra che fra gli addetti ai lavori ci sia la tentazione a lasciarsi distrarre più dai termini che dai contenuti di tanti bravi artisti invisibili e trascurati. È quello che facciamo anche nella nostra etichetta, sperando di riuscirci, impegnandoci a concentrarci sulla sostanza dei progetti sottoposti alla nostra attenzione. La musica è fatta di quello di cui si ha bisogno in un determinato momento: piangere, ridere, pensare, distrarsi… è quel mezzo che porta un determinato linguaggio a legarsi con il bisogno di chi ascolta di trovare sfogo, espressione ed emozioni. Questo conta, a mio parere.
Una cosa che colpisce molto di te è la tua voglia di parlare sempre di un “noi”, di un gruppo di persone che lavorano insieme e questo dimostra una grande umiltà in un mondo così pieno di artisti “individualisti”.
Ci piacerebbe sapere di più sul tuo lavoro solista, oppure se in questo momento intendi la musica come una collaborazione continua tra artisti…
L’individualismo sta ammazzando la musica. È un tema che ho trattato in uno dei miei album, “In testa alle classifiche”. In questo lavoro discografico ho infatti parlato del bisogno malato di accondiscendenza che ci porta a fare quello che va fatto per qualche recensione positiva o qualche like in più. Ma l’arte è rottura, è contraddittorio, tempesta e silenzio.
Il “noi” per me è ovvio. Bisogna sempre sapere su che punto della strada si è per capire dove si può arrivare. Io ho il mio bagaglio di esperienze, ma senza il mio gruppo di lavoro composto da Martina Angeletti, Maria Ilenia Crifò Ceraolo ed Eleonora De Sanctis, io sono nessuno. Non è modestia, è un fatto.
Da editore so dove voglio arrivare e cosa voglio fare e so che ho molte idee complicate, delle quali molte stupide o non realizzabili e pochi strumenti utili da dedicare. Da solo è impossibile che io riesca solo a provarci. Da cantautore invece ho l’età per comprendere che non arriverò mai alle folle di persone e che, fortunatamente, non mi interessano più. Mi sento libero e posso scrivere quello che mi piace senza la catena della rassicurazione. Essere rassicurati è una truffa. Bisogna volersi bene e voler bene a ciò che si è e non a ciò che serve perché gli altri siano contenti di te.
Tornando all’esperienza del premio Tenco, abbiamo gioito nel vedere che, quando sei salito sul palco dell’Ariston, hai indossato la maglietta in ricordo di Enrico Greppi, voce ed anima della Bandabardò, scomparso lo scorso febbraio. E’ stato un gesto importante, ha una valenza oltre che artistica, personale?
Si scrive musica per tanti motivi: sfogo, riflessione, ricerca. Questo non vuole dire che si abbia voglia di condividere con gli altri. Per me scrivere musica è stato fino ai 30 anni come scrivere un diario da non far leggere a nessuno. La voglia di condividere le mie canzoni con un pubblico, o con qualcuno che sta lì davanti ad ascoltare, mi è arrivata dopo un concerto della Bandabardò a Milazzo: travolgenti, coinvolgenti e liberi.
Erriquez è stata una delle molle importanti per la scoperta del piacere della condivisione. Per aiutarmi a far passare quello che scrivevo da fatto privato a pensiero condiviso.
Enrico l’ho incontrato solo una volta. Non lo conoscevo. Finaz qualche volta in più (la maglietta me l’ha prestata lui e lo ringrazio visto che ne ho l’occasione).
Erriquez doveva essere ricordato. Ne ho avuto l’occasione e l’ho fatto come ringraziamento personale. Spero che il direttivo del Tenco voglia in futuro ricordarlo meglio di quanto ho potuto fare io che sono uno sconosciuto con una voce piccola. In un primo momento mi sono detto che in quei due minuti sul palco dell’Ariston avevo portato con me Rino ed Enrico. Poi ho sorriso rendendomi conto che sono stati Rino ed Enrico a portare me su quel palco.
Paolo Pasi consegna la targa Tenco
Nel salutarti e nel ringraziarti per questa occasione di dialogo, vorremo ricordare le parole che hai usato per ricevere la Targa Tenco per il miglior album a progetto sul palco dell’Ariston: “Fare musica è un atto d’amore. Per un etichetta così piccola, due anni di pandemia potevano significare solo due cose: o chiudere per sempre o riuscire a trovare un pretesto per andare avanti”.
Ed è stato davvero un ottimo pretesto. Ed ora, dove ti porta l’amore musica?
Fare musica è un atto d’amore ed essere innamorati è un impegno che ti prende completamente. Nella gioia e nella sofferenza. Tante cose positive e negative rischiano di corrompere questa voglia di bellezza.
Quindi adesso ho bisogno di chiudere gli anni dedicati ai miei artisti portando a termine almeno parte di quello che con il mio gruppo stiamo costruendo.
Subito dopo proverò a mettere in una bella scatola decorata l’affetto che mi ha accompagnato in questo periodo e a gettare via qualche attacco gratuito che poteva distrarmi.
Raccolgo le forze e rimetto i panni del cantautore. Torno a produrre i miei brani e suonare davanti alle mie venti persone a serata.
Ricominciare è quello che mi riesce meglio.
Carlo ti ringraziamo per questa ricca condivisone augurandoci di vederci presto e, in nome di Rino, che il “cielo” della musica sia sempre più blu!
Articolo di Andrea Manica & Raffaella Vismara
https://isolatobialabel.com/